È morto a Roma a 84 anni il celebre linguista Tullio De Mauro, docente universitario, già ministro della Pubblica Istruzione e presidente della Fondazione Bellonci, che organizza il premio Strega.
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Questo articolo è tratto dal «Corriere della Sera» del 2 ottobre 2016:
Una lince si aggira nelle scuole italiane. Niente paura, però: la lince in questione è soltanto la discendente di quella che Adam Elsheimer, un pittore tedesco italianato e romanizzato, dipinse come simbolo dell’Accademia fondata a Roma da Federico Cesi nel 1603. Carica di glorie e tradizioni, da tre anni l’Accademia dei Lincei ha deciso di occuparsi di scuola e di occuparsene attivamente. E dunque gli accademici lincei stanno andando a scuola a fianco di chi insegna. Il 24 ottobre prossimo a Roma, a Palazzo Corsini, il convegno «I Lincei per una nuova scuola» farà il punto sulle attività svolte e sui progetti futuri. Il convegno, dopo un saluto del presidente Alberto Quadrio Curzio, sarà introdotto da Lamberto Maffei e da una conferenza di Carlo Ossola, «Dall’inaudito al topos». Vi saranno poi interventi su temi di fondo, come le nuove norme sull’aggiornamento degli insegnanti e il contributo innovativo degli enti di cultura, affidati a Sabrina Bono e Massimo Bray, una presentazione d’insieme del progetto linceo, affidata a Francesco Clementi, cui seguiranno rendiconti sul già fatto e su nuovi progetti da realizzare. Una conclusione di Luca Serianni tirerà le somme della giornata.
Assumere la decisione di dedicare attenzione e attività alle scuole non è stato banale. Nella comune opinione ricerca e università stanno da una parte e da un’altra vive il mondo delle scuole. Si può ritenere che l’opinione sia sbagliata, ma è ben radicata ed è condivisa da più d’un socio accademico. Inoltre il secondo articolo dello statuto linceo elenca le attività tipiche dell’Accademia e sono le attività proprie di un’istituzione di alta ricerca di rilievo internazionale. Di scuola non si fa esplicitamente parola. Tuttavia il primo articolo assegna ai Lincei «lo scopo di promuovere, coordinare, integrare e diffondere le conoscenze scientifiche nelle loro più elevate espressioni nel quadro dell’unità e universalità della cultura». Queste parole, prese sul serio, paiono prefigurare un diretto apporto dei Lincei alla vita delle nostre scuole.
La preoccupazione per lo stato complessivo della nostra cultura, rivelato impietosamente da alcune indagini internazionali sul nostro assai modesto possesso delle capacità di capire un testo e usare concetti matematici e scientifici, e la percezione della difficoltà che la scuola ordinaria incontra per correggere durevolmente questo stato di cose, hanno spinto diversi soci lincei, sollecitati da Lamberto Maffei, già presidente e ora vicepresidente dell’Accademia, a occuparsi attivamente di scuola e, per consolidare la loro azione, hanno dato vita alla “Fondazione Lincei per la scuola”. Ma che fare in concreto?
Nel maremagno di indagini internazionali sui processi educativi e sui sistemi scolastici, nella gran massa di dati e correlazioni statistiche c’è una cosa che risulta chiara. Formularla può far sorridere, perché dice quel che mamme sagge e bidelli di lungo corso sanno bene: per avere una scuola buona ci vuole un bravo insegnante, maschio o femmina non importa. E non importano, o importano assai meno, altri fattori: le riforme, anche quelle ben meditate, i programmi, l’edilizia, la numerosità delle classi, il tempo scuola. Attenzione, non è che questi altri fattori vadano ignorati. Ma il fattore insegnante è statisticamente di gran lunga più rilevante. Esso è tale da sovvertire la presenza di fattori negativi e, però, se l’insegnante è mediocre, è anche tale da vanificare la presenza di fattori positivi, come l’esistenza di un bravo preside e di una buona organizzazione, locali adeguati, classi poco numerose, maggior durata del tempo-scuola, famiglie con buon livello di istruzione. Formate bene chi insegna e avrete una scuola buona.
Ma chi è, che qualità deve avere un bravo insegnante? La discussione internazionale è aperta. Un’importante associazione operante negli Usa, Teach for America, dopo molti anni di esperienza ha lanciato una formula: un bravo insegnante deve essere un leader, un trascinatore. Bello a dirsi, ma che cosa bisogna saper fare o, meglio, «essere» (diceva don Lorenzo Milani) per trascinare? Le risposte in circolazione sono diverse, ma un elemento è comune a tutte: tra le sue doti l’insegnante di valore deve necessariamente avere una preparazione profonda, sicura, aggiornata nella materia che insegna.
La Fondazione lincea ha fatto propria questa indicazione e ha deciso di intervenire per quanto può sui livelli di conoscenza aggiornata degli insegnanti. Una certa penuria di mezzi ha spinto a non dispiegare tutto il potenziale scientifico della comunità lincea e a non investire tutte le materie di insegnamento. Gli interventi si sono concentrati sui tre ambiti che le statistiche dell’Ocse hanno scelto come fondamentali: lingua materna o, meglio, lingua ufficiale del Paese, cioè italiano, matematica e scienze fisiche e naturali. La stessa penuria di mezzi ha portato a una scelta obbligata, ma felice: i lincei non lavorano da soli, ma con impegno cercano la collaborazione di università e istituti scolastici nelle varie città in cui riescono a operare. La collaborazione è resa necessaria anche dal fatto che giustamente si è rifiutato il tradizionale e dominante intervento mordi e fuggi: lo specialista più o meno illustre arriva, fa un nobile discorso a insegnanti che non conosce e sparisce velocemente dalla scena. I lincei cercano invece di avviare attività seminariali e di laboratorio, da seguire e realizzare nel tempo. Quindi uno o più specialisti si succedono in incontri che, partendo da un particolare contenuto e dal colloquio con gli insegnanti, portano alla ideazione di un progetto di attività didattiche concrete, che immettano nel lavoro di classe nuovi stimoli.
Si sono creati così dei «poli» da Milano a Palermo, da Brescia a Potenza e L’Aquila. Sono ormai oltre venti le città coinvolte e sono oltre undicimila gli insegnanti che hanno frequentato a loro spese lezioni frontali, laboratori, seminari, spesso spostandosi da altre città e paesi in prossimità del polo, per ascoltare gli specialisti e interagire con loro. È solo un inizio rispetto alle centinaia di migliaia di docenti. Ma già gli e le insegnanti vedono e sentono che la miglior cultura umanistica e scientifica è organicamente accanto a loro nel difficile compito di far bene scuola.